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La Repubblica | Come unire etica sociale ed economia (it)

Come unire etica sociale ed economia.

Mario Calderini interviews Ronald Cohen.

La Repubblica, 13rd april 2021

 

 

«Nothing can stop an idea whose time has come» 

 

“Investire per l’impatto sociale e ambientale è molto più di una scelta morale, è un modo intelligente di fare finanza e impresa”.

Esordisce così Sir Ronald Cohen, colui che nel luglio del 2013 ricevette dai leader del G8 il mandato di guidare la Task Force for Impact Investing, con l’obiettivo di affermare l’idea di una finanza capace di ricercare non solo il profitto ma anche soluzioni a problemi sociali e ambientali. Il rapporto finale della Task Force, “Il cuore invisibile dei mercati”, diede il via ad un movimento globale e ad una trasformazione dei mercati che oggi si misura in migliaia di miliardi di investimenti. Nato in Egitto e rifugiato in Gran Bretagna all’età di undici anni dopo la crisi di Suez, educato ad Oxford e Harvard, finanziere di grande successo nell’era d’oro del venture capital e del private equity, oggi è leader del Global Steering Group for Impact Investment (GSG) e autore di “Impact”, un libro nel quale ripercorre la storia di questo ventennio di trasformazione e prefigura il ruolo dell’Impact Investment nel ridisegno del capitalismo.

Sir Ronald, cos’è l’Impact Investment?

“Sono investimenti con cui, insieme al profitto, ci si propone di ottenere un miglioramento concreto e misurabile nella condizione di vita delle persone e nell’ambiente. Mentre la finanza tradizionale nasce con l’idea di massimizzare il rapporto tra rischio e rendimento finanziario, l’impact investment introduce un terzo elemento, l’impatto misurabile. Questo comporta un grande cambiamento valoriale, grazie al quale oggi, nel mondo, trentamila miliardi di dollari sono investiti per ottenere qualcosa in più del solo guadagno finanziario.”

Nel suo ultimo libro, lei parla dell’Impact Investment come di una vera rivoluzione. Che aspetto ha questa rivoluzione?

“La rivoluzione dell’impatto, così come la rivoluzione tecnologica, avrà il volto di giovani imprenditori che, cambiando il modo di fare impresa e finanza, sapranno trovare soluzioni a problemi complessi, con l’intento non solo di fare profitti ma di produrre un impatto positivo per la società e il pianeta. Sarà allora necessario ridefinire il concetto di unicorno, che oggi usiamo per indicare una nuova impresa che raggiunge il valore di un miliardo di dollari: da domani, dovremo invece usarlo per definire un’impresa che sappia anche migliorare la vita di almeno un miliardo di persone.”

Quanta strada si è fatta dal giorno in cui il David Cameron lanciò la sfida dell’Impact Investing a livello globale?

“La Task force del G8 ha avuto il merito di spingere i possessori di grandi capitali a mettersi in cammino, in una direzione nella quale il mondo stava già andando. Da allora abbiamo visto i principi ESG (Environment, Social, Governance) imporsi come criterio guida per gli investitori e le imprese, la Business Roundtable (una sorta di Confindustria Élite americana n.d.r) invocare il passaggio da un capitalismo degli azionisti ad uno più attento a una platea molto estesa di portatori di interesse e migliaia di miliardi di dollari investiti in questa direzione.

È facile immaginare che una trasformazione così profonda si basi su un nuovo modo di misurare il valore delle imprese.

Gli Enti che fissano i principi contabili internazionali stanno introducendo la sostenibilità tra gli elementi indispensabili per la contabilità delle imprese. Abbiamo imparato a usare la tecnologia e i big data per misurare l’impatto sociale e ambientale che le singole imprese generano attraverso i loro prodotti e servizi, il modo in cui li realizzano e le persone che impiegano. Soprattutto, abbiamo imparato a tradurre questi impatti in termini monetari, in numeri che entrano direttamente nei bilanci delle imprese. Il GSG, insieme alla Harvard Business School, ha sviluppato un metodo contabile, denominato IWA, che pesa i numeri del conto economico per l’impatto generato dall’impresa. Questa è una rivoluzione, perché introduce un fondamentale principio di trasparenza dell’impatto generato. Grazie a questo, sappiamo ad esempio che circa 1.800 imprese di cui abbiamo i dati producono tutte insieme un danno ambientale da circa tremila miliardi di dollari ogni anno e che duecentocinquanta di queste producono più danni ambientali che profitto.

Il principio di trasparenza è particolarmente importante perché molti temono che tutto si risolva in fenomeni di social o green washing, in comportamenti di facciata senza valore sostanziale e che gli ESG non siano sufficienti a garantire una vera trasformazione.

I criteri ESG sono parte della trasformazione. L’adesione agli ESG rivela certamente una volontà di investire per un impatto positivo, ma la loro capacità di misurare è ancora troppo debole.  È per questo che dobbiamo lavorare per portare trasparenza e integrità di misurazione negli ESG, perché solo questo li trasformerà in impact investing. Diciamo che il mondo ESG sta facendo del proprio meglio per produrre un impatto positivo in assenza di trasparenza nella misurazione.

Qualcuno potrebbe argomentare che così si occupa impropriamente il ruolo dello Stato, senza contribuire realmente al contrasto delle disuguaglianze.

La trasparenza nell’evidenziare l’impatto prodotto dovrà aiutarci a distinguere quelli che si impegnano a occuparsi delle persone più vulnerabili e bisognose da quelli che si occupano di chi sta già bene. Questa è la ragione per la quale io credo che l’impact investment possa essere un grande alleato dello Stato. Se cominciamo a misurare e rivelare in termini monetari l’impatto sociale delle imprese, per esempio nella diversità della forza lavoro, nelle asimmetrie salariali o di carriera legate a discriminazioni di genere o all’appartenenza a minoranze, capiamo cose interessanti. Apple paga ogni anno 10 miliardi di dollari negli Stati Uniti a 80.000 dipendenti, cosa che tendiamo a considerare un impatto positivo: noi sappiamo però che dobbiamo scontare 2,7 miliardi di impatto negativo. Costco, invece, con più dipendenti, sconta molto meno, circa un miliardo. La trasparenza nell’impatto aiuterà gli investitori e i consumatori a distinguere tra queste imprese e i Governi a non doversi fare interamente carico dei costi sociali prodotti dalle imprese meno virtuose. È anche una questione politica: molto è stato fatto dal G7 e dal G20, per esempio da Abe, Macron e dalla presidenza argentina di Macri, ma io ripongo grandi speranze nel nuovo corso della Commissione Europea e nella presidenza italiana del G20, anche grazie al lavoro della Social Impact Agenda per l’Italia”

Lei è stato un protagonista della rivoluzione tecnologica e del venture capital e oggi lo è di un’altra, basata su sostenibilità e impatto. Cosa l’ha portata da una rivoluzione all’altra?

“I tempi che ho vissuto a Oxford negli anni Sessanta hanno grandi similitudini con ciò che stiamo vivendo oggi. Allora incombeva su di noi la minaccia della distruzione nucleare, oggi quella della distruzione sociale e ambientale. In quegli anni credevo fortemente di poter contribuire creando opportunità per chi non aveva un lavoro e ricchezza per me e per chi mi stava intorno. Lavorando con gli imprenditori, mi rendevo però conto che non stavo aiutando chi aveva meno opportunità e vedevo le disuguaglianze aumentare. Nel 1998, dissi ai miei partner finanziari che compiuti i 60 anni, nel 2005, avrei dedicato i successivi venti ai problemi sociali che sentivo vicini e importanti per la mia storia personale. Quando nel 2000 il Governo del Regno Unito mi chiese di guidare la Social Investment Task Force sulla povertà cominciai a capire che la chiave sarebbe stata aiutare coloro che aiutavano gli altri, attraverso gli investimenti. La mia ricerca di strumenti di investimento a favore degli imprenditori sociali mi ha portato a contribuire alla realizzazione dei primi social impact bonds e da lì è iniziato il mio viaggio verso una finanza migliore.”

Dove porta questo viaggio?

Lontano, perché, per dirla con Victor Hugo, niente è più forte di un’idea il cui tempo sia venuto.”